malasanità risarcimenti

Malasanità e prescrizione del diritto al risarcimento: come evitare di spendere soldi per una consulenza legale quando oramai non c’è più nulla da fare

Il tema del risarcimento del danno da malasanità è importante ed attuale. Il risarcimento da malasanità è dovuto sulla base di un danno ingiusto subito dal paziente per imperizia, negligenza o imprudenza del medico. Dimostrato il nesso causale fra l’azione o omissione ed il danno ingiusto, è possibile ottenere il risarcimento del danno.

Se si vuole sapere come ottenere un risarcimento per malasanità però bisogna prendere in considerazione anche un’altra variante fondamentale del tema: ovvero, lo scorrere del tempo. Il decorso del tempo, quando si tratta di cause giudiziarie, ha una certa importanza. Se non si denuncia il danno entro un certo lasso di tempo da quando ci si è resi conti di averlo subito, allora si perde anche il diritto a far valere il danno in giudizio. Per rendersi conto di come funziona questo istituto, bisogna far riferimento al concetto di prescrizione. Un diritto si prescrive quando passa un certo lasso di tempo (stabilito dalla legge) senza che il titolare del diritto si attivi per farlo valere. La sua mancanza di attività è vista come inerzia o disinteresse e di conseguenza il legislatore gli impedisce di far valere il diritto oltre un certo lasso di tempo.

Sono concetti da tenere in grande importanza quando si parla di risarcimento da malasanità in quanto sarebbe del tutto inutile proporre un’azione legale una volta che il tempo in questione sia trascorso inutilmente.

A disciplinare la questione è la legge Balduzzi (legge 189 del 2012) che ha introdotto alcuni cambiamenti nel regime della prescrizione, che è utile conoscere per sapere entro quanto si può fare valere il diritto al risarcimento del danno da malasanità.

Secondo la giurisprudenza prevalente, il danno va fatto valere

    • entro 10 anni dal verificarsi, se si tratta di un rapporto fra paziente e struttura ospedaliera o fra paziente e medico privato che sia riconducibile all’area del contratto. In questo caso, come avviene sempre quando si tratta di contratti, si ha il diritto al risarcimento se però si fa valere il diritto entro 10 anni.
      Il termine decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere. Il che significa dal momento in cui una diagnosi stabilisce che si ha subito un danno o una patologia sulla base di un errore medico. La Cassazione è stata chiara: il problema si poneva soprattutto quando si trattasse di malattie che si manifestano dopo lungo tempo, come infezioni del sangue. Dal momento in cui il paziente si è reso effettivamente conto della malattia e ha potuto risalire (evidentemente per mezzo di esami medici) alla sua causa, allora ecco il termine utile per ottenere il risarcimento. Decorsi dieci anni senza che si sia attivata l’azione legale, il diritto non piò essere fatto valere.
    • Tuttavia un’interpretazione più prudente della legge in questione ha portato la giurisprudenza a considerare a cinque anni il termine di prescrizione. Questo perché nell’ipotesi in cui si consideri il rapporto fra paziente e medico (o struttura ospedaliera pubblica o privata) come extra contrattuale, vale il termine per fare valere la responsabilità extracontrattuale che è di 5 anni, ai sensi del codice civile, e non di dieci come nell’ipotesi della responsabilità contrattuale.